Venerdì 17 maggio 1974 in Irlanda si consuma la strage più cruenta della storia dell’isola dalla Guerra di indipendenza degli anni ’20: a Dublino, in piena ora di punta, intorno alle 17.30, tre autobombe esplodono senza preavviso, a due minuti l’una dall’altra. In quel momento, le strade sono piene di lavoratori che escono dagli uffici e di studenti che si affrettano per prendere il treno o il pullman che li riporterà a casa in provincia dopo la settimana di lavoro o di studio nella capitale. Novanta minuti dopo, poco prima delle 19, un’altra autobomba esplode, anche in questo caso senza preavviso, nel centro di Monaghan, cittadina che si trova appena al di qua del confine con l’Irlanda del Nord.
Il bilancio è drammatico: gli attentati causano 33 morti, ai quali va aggiunto il bambino che portava in grembo Colette Doherty, incinta di 9 mesi, e centinaia di feriti. Poiché si tratta di un’operazione coordinata e realizzata con precisione militare, si tratta della strage più grave della storia dei Troubles (1968-1997).
Il massacro verrà rivendicato molti anni dopo dal Corpo Volontario dell’Ulster (UVF), uno dei due principali gruppi armati lealisti filobritannici attivi nell’Irlanda del Nord, ma la matrice appare chiara fin da subito. Molto presto emergeranno anche diversi elementi che puntano alla possibile collusione della polizia nordirlandese e dei servizi segreti britannici nell’azione.
L’attentato, infatti, viene subito collegato alla mobilitazione in corso da mesi, inaspritasi proprio in quei giorni, contro il primo tentativo di un processo di pace dall’inizio dei Troubles.
L’operazione stragistica di Dublino e Monaghan giunge infatti nel terzo giorno di un grande sciopero generale che paralizza l’Irlanda del Nord, fra il 15 e il 28 maggio 1974, e che mette in ginocchio, facendolo fallire, il piano di pace. Il progetto, che prende il nome dall’accordo di Sunningdale firmato nel dicembre 1973, rappresenta il primo tentativo organico di ricondurre il conflitto nelle “Sei contee” sui binari della politica e avviare una stagione negoziale per un autogoverno della provincia che riconosca pieni diritti di partecipazione attiva alla minoranza irlandese (cattolica).
Il piano ottiene l’appoggio delle principali forze costituzionali (non di Sinn Féin, che non ha ancora intrapreso il cammino che lo porterà a impegnarsi per una soluzione politica del conflitto) ma viene denunciato e avversato fin dall’inizio da un ampio fronte unionista (o, per la precisione, lealista), dominato dalle due principali milizie paramilitari, UDA e UVF, e dal DUP (il partito che attualmente esprime la Vice Prima ministra dell’esecutivo di Belfast, Emma Little Pengelly) guidato dal suo fondatore, il reverendo evangelico Ian Paisley.
Il fronte anti-Sunningdale costituisce un organismo ad hoc, il Consiglio dei lavoratori dell’Ulster (UWC), che prepara un grande sciopero (o, per meglio dire, una “serrata” dei lavoratori) che coinvolgerà settori produttivi, servizi e infrastrutture. Lo stesso partito unionista di maggioranza, l’UUP, che ha aderito al piano Sunningdale con grande difficoltà, finisce per fare marcia indietro e aderire allo sciopero.
In un clima di fortissima intimidazione e uso spregiudicato della violenza da parte dei paramilitari lealisti, lo sciopero ha un enorme successo. Con l’eco della terribile strage del 17 maggio e una provincia paralizzata dallo sciopero generale, il progetto per un governo consociativo che prenda in mano la gestione dell’Irlanda del Nord e permetta di superare il conflitto armato è condannato al fallimento: la capitolazione dell’esecutivo di Sunningdale giunge martedì 28 maggio 1974, nelle ore in cui Brescia è sconvolta dalla strage di Piazza della Loggia.
Nel corso degli ultimi 50 anni, le indagini sugli attentati di Dublino e Monaghan sono state ostacolate da un’ostinata campagna di insabbiamento favorita da Londra, senza che Dublino facesse molto per rompere il muro dell’omertà.
I lavori di diverse commissioni d’inchiesta delle Camere irlandesi e le testimonianze emerse negli anni (anche da ex membri delle forze armate britanniche) lasciano pochi dubbi sul fatto che Londra fu direttamente o indirettamente coinvolta in questa azione.
Nonostante gli sforzi, tuttavia, nessuno è mai stato perseguito o condannato per gli attentati.
Fra le 33 vittime degli attentati c’era un cittadino dublinese immigrato dall’Italia, Antonio Magliocco.
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