Quella che pubblichiamo è una ricostruzione storica approfondita della figura e della vita del comandante Giuseppe Verginella, ad opera di Isaia Mensi, a due mesi dal 70° anniversario dell’assassinio del comandante garibaldino.
Di seguito pubblichiamo un breve estratto, in cui si racconta l’arresto di Verginella, ma chi lo desidera può scaricare il documento completo in PDF, facendo clic qui.
Ringraziamo l’autore per averci dato la possibilità di pubblicarla e metterla a disposizione dei lettori.
Domenica 24 mattina è la vigilia di Natale. Verginella deve presentarsi all’importante appuntamento con Giorgio Robustelli – non sapendo affatto che è stato arrestato e che è stato obbligato con la tortura a collaborare con la polizia – e con un altro personaggio di rilievo, finora rimasto nell’ombra. Che cosa spinge il comandante a presentarsi a quell’incontro speciale? Una grande speranza: quella di ferire a morte o d’abbattere d’un colpo il sistema. Un’azione che è alla sua portata, perfettamente fattibile con il supporto di un commando ben organizzato. Così spiega quell’episodio Marino Ruzzenenti nel libro Memorie resistenti, pp. 54-55: “Il 24 dicembre Alberto deve trovarsi ad un appuntamento presso Provaglio d’Iseo con un contatto proveniente da Cremona con il quale intende progettare un attentato a Farinacci (Verginella pensava anche di preparare un attentato a Mussolini!)”. La circostanza descritta in maniera particolareggiata nel Ricordo curato dal comune di Lumezzane: “Al mattino, visto che non era ancora giunta la sua staffetta «Berta» (Santina Damonti), che doveva accompagnarlo, come sempre per precauzione, si fa imprestare la bicicletta da «Gioanéla» (Giovanni Belotti). «Alberto» rifiuta i due partigiani che vogliono accompagnarlo, saluta lo Zatti (che è la prima volta che sente dell’appuntamento) dicendogli di sei persone che doveva incontrare a Cremignane. Se tante erano le persone dell’incontro ne mancano sempre due: Verginella, Perla, la Gina, la Berta (che si è presentata tardi a Iseo perché attardata da un contrattempo a Provaglio) e sono quattro. Chi erano le altre due, cui accennava numericamente Verginella? In seguito venne scoperto chi tradì Verginella. Comunque, tranquillo, con la sua rivoltella in tasca, «Alberto» pedala verso Cremignane, si avvicina al piccolo borgo e si dirige al luogo dell’appuntamento: un breve spiazzo circondato dalla campagna e da siepi e nascosto da una curva del viottolo”. Esattamente qui, in uno spiazzo poco antistante la chiesetta di Cremignane d’Iseo, come nella peggiore tradizione italiana, verso le ore 11,30 il comandante della 122a trova ad attenderlo una decina di agenti della squadra politica della questura in borghese al comando del loro capo Gaetano Quartararo. “Dalle siepi d’intorno – continua il minuzioso Ricordo – sbucano poi una decina di brigatisti neri armati e in divisa, che erano appostati da tempo. Frattanto da una cascina poco distante, due agenti accompagnano verso Verginella un uomo di media corporatura, leggermente tarchiato, la testa ricoperta da un sacco con due buchi per gli occhi. Lo sconosciuto viene fermato a un paio di metri dal Verginella. Un attimo di titubanza poi un chiaro gesto di assenso muove la testa incappucciata (…) Così, ammanettato e scortato da fascisti, Verginella incrociò poco dopo la Pezzotti, che ignara di quanto accaduto procedeva per il luogo dell’incontro”. Scoprire improvvisamente che il «giuda» è il suo capo deve essere stato per lui un’amarissima sorpresa. Verginella non poteva certo sospettare che il suo diretto superiore fosse stato catturato e che fosse diventato il nemico; né poteva sapere che costui avesse deciso di parlare e tradirlo al solo scopo di salvare sé stesso e la moglie, tenuta in ostaggio. Una pagina nera, un tradimento che non ha precedenti nella storia partigiana bresciana, mirato a colpire al cuore la resistenza armata comunista bresciana, ad eliminare chi aveva osato condurre un sanguinoso attacco armato alla capitale del fascismo. Il delegato del Cln – l’unico che avrebbe potuto riconoscere e incastrare personalmente il diffidentissimo capo partigiano triestino – s’è dunque prestato al più sporco degli scambi. Così almeno è ciò che in un primo momento è apparso – o quanto s’è voluto far credere ai suoi compagni – e quanto è stato tardivamente trasmesso alla storia.
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