“12 marzo 1945: proprio qui, di fronte alla trattoria “Levata”, viene trovato il cadavere di Armando Lottieri. Nato a Bagnolo Mella, nel 1910, gestiva un negozio di tessuti in piazza Duomo a Brescia. Dopo l’armistizio quel negozio era diventato un centro di riferimento per la Resistenza. Lottieri, delegato del PCI, faceva parte della 122a brigata Garibaldi ed era membro del CLN bresciano, in contatto con il Comando di Milano. Il 9 marzo elementi della brigata Tognù, di stanza alla Stocchetta, lo avevano prelevato dalla sua casa alla Campagnola di Concesio e, la notte tra l’11 e il 12, lo fucilarono. Poi lo abbandonarono sul ciglio della strada, dove ora sorge il cippo in sua memoria. Quando si conobbe la notizia – disse il dottor Bruno Marini, subentrato a lui nel CLN – goccia a goccia in ognuno calò un doloroso stupore, uno smarrimento fatto di pena e di lacerazione. Qualcosa si spense, in molti, che non è più rimasto. Un “piccolo maestro”, Armando Lottieri, non tanto perché, essendo morto a soli 35 anni, non ha potuto diventare grande, ma perché, come ha detto lo stesso dottor Marini, aveva insegnato a molti a vedere la luce più limpida e umana. Morire per un’idea: non accadrebbe, se la società fosse giusta e retta. Invece è accaduto. Affinché Armando Lottieri non sia morto invano, non dobbiamo però limitarci all’annuale ricordo di un gruppo sempre più sparuto di reduci e di istituzioni, ancorché doveroso, visto che diverse Amministrazioni, non solo bresciane, omettono ormai di celebrare il 25 aprile. Dobbiamo passare dal ricordo alla memoria, che seleziona i ricordi non deperibili, non cancellabili. Li incide sulla pietra e li fa diventare narrazione storica. Cosicché, sottraendoli all’oblio, trasmetta alle generazioni successive, con la conoscenza di quanto è avvenuto, il messaggio di tutti gli uomini e le donne che, come Armando Lottieri, si sono ribellati alla violenza, all’ingiustizia, alla sopraffazione, al razzismo. Eppure il razzismo era stato iniettato loro da una propaganda che spacciava le imprese coloniali per meritorie azioni civilizzatrici, benediva i gagliardetti di quelle che la stampa del regime chiamava “armi redentrici”. Mentre la scuola fascistizzata li educava a odiare gli stranieri, a vagheggiare la gran madre degli eroi e ad esaltare la bella morte, fino a quando obbligò tutti a leggere il testo delle leggi razziali dove si diceva che era arrivata l’ora, per gli italiani, di proclamarsi “francamente razzisti”. Ci è quindi voluta una guerra disastrosa, devastante come nessuna prima, perché molti giovani aprissero gli occhi e si rifiutassero di obbedire al duce anche a Salò, quando arrivò al punto di chiedere loro di scagliarsi contro gli stessi italiani, nella sciagurata impresa di annientarne la Resistenza. Di aderire persino alla shoah, dando la caccia agli ebrei e inviandoli nei campi di sterminio. Noi, oggi, vogliamo che i giovani gli occhi li aprano prima che quella storia ritorni. Perché, come dice Primo Levi, se è accaduto, potrebbe ripetersi. Infatti, dopo Auschwitz c’è stata Srebrenica. Le uniche armi che conosciamo, oltre alla cultura, all’educazione, sono la memoria del male e il senso della vergogna. E poiché le testimonianze vanno sempre più scomparendo, lasciando il posto alla post memoria, rimane solo la storia a svolgere il ruolo di far riflettere sul passato per riflettere nel presente. Far scoprire la banalità del male, la sua ripetibilità, perché a farlo erano uomini normali. Per questo i programmi di scuola devono spazio alle vicende del fascismo e della Resistenza, al dibattito sulla Costituzione. Auspicando che i programmi della elementare, che impongono che si studi la storia fino alla fine dell’impero romano, vengano modificati. Anche perché che i bambini sono più portati a capire la storia vicina, quella dei nonni, dei bisnonni. Piuttosto che le guerre puniche. Infatti, quando l’ANPI va nelle scuole a parlare di uomini e donne della resistenza, riscontra un interesse e una partecipazione fortissimi. Sul piano educativo, tale omissione, è oltretutto sbagliata perché fa perdere una tempestiva e irripetibile occasione di formazione culturale e civile dei giovani. La società ha dunque il compito di investire sul miglioramento della qualità del servizio, il cui obiettivo è la competenza storica, cognitiva e critica degli adolescenti: il che è anche un antidoto contro la dipendenza da suggestioni negazioniste o riduttiviste del web e di gruppi neofascisti o di associazioni sedicenti culturali, tipo “Casa Pound”. Che vogliono ignorare la memoria del male e la cui riflessione morale si basa su esempi mitizzati da imitare, cui credere e obbedire ciecamente, per cui combattere. Dobbiamo attrezzare i giovani, metterli in grado di valutare i “cattivi maestri” di oggi. Anche se i cattivi maestri non si annidano solo tra le truppe scalcinate e vocianti degli epigoni di Hitler o di Mussolini. I cattivi maestri, oggi, sono quegli amministratori che cacciano i bambini stranieri dalle mense scolastiche e se la prendono con chi paga la retta al posto loro. Insultano il presidente della repubblica che attribuisce un’onorificenza al benefattore. Cattivi maestri sono quei ministri della Repubblica che portano l’urina dei maiali sul terreno dove i musulmani vogliono costruire la moschea. Quei deputati europei, pagati profumatamente con i nostri soldi, che spruzzano insetticida sui neri e affermano che le idee dello stragista di Oslo erano buone, a parte il dettaglio del metodo. Cattivi maestri sono quelli che si oppongono alla cittadinanza ai figli di stranieri nati e cresciuti in Italia e studiano e parlano l’italiano spesso meglio dei loro seguaci. Cattivi maestri sono quelli che, ignorando l’articolo 3 della Costituzione, bloccano leggi che riconoscano a chi sia di religione o orientamento sessuale diverso il diritto di esercitare il proprio credo o la propria sessualità senza discriminazioni che lo facciano sentire cittadino di serie B. E cattivi discepoli di Armando Lottieri e di coloro che come lui sono morti per la libertà e per l’uguaglianza, tutti quei legislatori e quegli amministratori che si sono fatti norme e leggi ad personam, che si sono assegnati emolumenti e vitalizi da nababbi, privilegi scandalosi. E magari, mai contenti, ingordi, pur di arraffare hanno trasformato il nostro Paese in una Gomorra, al 69° posto su 80 nella fila dei non corrotti. Consoliamoci pensando che almeno questa vergogna, ad Armando Lottieri e a coloro che sono morti per la giustizia, è stata risparmiata.”